Zanzibar in meno di 12 ore…valigia, aereo, atterraggio
Zanzibar mare ma non solo
Zanzibar mare … questa è la prima parola che ti viene in mente quando pensi a questa incredibile isola
Dicono che a volte si fugge per ritrovarsi, si disconnette la mente dalla quotidianità, credo che con Zanzibar mi sia successo proprio questo, sono salita su un aereo, organizzando il tutto in meno di 12 ore; e prima ancora di mettere a fuoco l’intenzione, la ragione, sto già atterrando nell’isola delle spezie.
Anche qui, sola, comincio a pensare che ci sto seriamente prendendo gusto….
Un viaggio nato in un secondo
Questo viaggio è nato, come alcuni, per caso, in un secondo, quell’attimo di inquietudine come la chiama Crepet, che ti spinge alla scoperta o alla ricerca di quell’equilibrio che a volte anche nelle menti e negli spiriti più forti, vacilla.
Ecco, i viaggi per me, sono un mix di terapia psicologica, riequilibrio interiore, confronto con un mondo nuovo, diverso, che in un certo senso rimette a fuoco, nella maniera più cruda e vera, le cose che sono realmente importati e accantona quello che alla fine della fiera sono futili.
Quindi, un po’ ammaccata, ma sempre battagliera, atterro in questo angolino di paradiso, con spiagge bianche, mare cristallino e con un profumo di cannella e legna bagnata che inonda il suo ospite.
L’atterraggio
Come tutti gli aeroporti africani, Zanzibar non è da meno, sembra tutto fuorché un hub internazionale, assomiglia più ad un mercato, pieno di gente di ogni genere e tipo che corre da una parte all’altra, dove i bagagli vengono tutti messi insieme e tutti si mischiano tra di loro , insomma un caos folcloristico, colorato e vi dirò anche divertente, se guardato cercando di cogliervi non paragoni, ma singolarità.
Vi tralascio, il viaggio di 1 ora, in mezzo a un temporale monsonico, su un pulmino che non so come sia riuscito ad arrivare al mio hotel, tra strade sterrate, buchi talmente profondi che sembra di essere sul Tagadà, ogni genere di animale che attraversava la strada, gente in bicicletta che praticamente più che pedalare guadava come fosse in un fiume, insomma un camel trophy considerando che la guida del nostro autista era per così dire…”decisa”.
I libri: la mia copertina di Linus
Neanche a dirlo (come sempre), nella mia valigia non possono mancare i libri che mi accompagnano sempre in ogni mia avventura, che sia un week end o un viaggio intercontinentale, praticamente i libri per me sono la come la copertina per Linus; e questo viaggio è dedicato all’amore, ebbene sì, anche io passo di lì, sfortunatamente molto di rado, ma ci passo.
In realtà prima di partire non sapevo neanche di esserci, anzi ero convinta dell’esatto contrario, ho preso Crepet e il suo libro sull’amore un po’ per curiosità e un po’con l’idea che quella roba lì non mi appartenesse.
Costume e infradito
Ma torniamo a Zanzibar, arrivata in hotel, in tre secondi netti lancio la valigia mi metto in costume e infradito (nel mentre ha smesso di piovere e il sole la fa da padrone) e faccio quello che ripeto in ogni angolo di mondo, vado alla scoperta.
Il mio Hotel è a Kendwa, un angolino di Zanzibar mare nel Nord Ovest dell’isola con una spiaggia lunghissima e immensa, di un bianco quasi accecante che prosegue a nord fino a Nungwi, sono più o meno 5 km di incredibile bellezza, sembra un quadro; palme verdi, mare azzurro che con l’orizzonte si fonde come su una tavolozza dalle mille sfumature del blu. Insomma un tripudio di colore.
Cammino senza meta a piedi nudi, con la sabbia che affonda sotto i miei passi, quella sensazione di libertà e beatitudine che il mare, sa regalare. Van Gogh diceva : “ Il cuore di un uomo è molto simile al mare, ha le sue tempeste, le sue maree e nelle sue profondità ha anche le sue perle.”
Mi lascio cullare dal rumore del mare e dal profumo di salsedine e Frangipani (il mio fiore preferito), mentre la mia attenzione viene attirata da un gruppo di bambini tanzaniani, figli di un popolo che fa della migrazione la sua ragione di sussistenza primaria.
I monsoni, sono il loro orologio economico e si spostano tra l’isola di Zanzibar e il continente, a seconda di dove il turismo, quindi la loro principale fonte economica, li porta.
Nomadi…
Siamo nomadi, dalla notte dei tempi, ci spostiamo seguendo la natura, i suoi tempi, le sue abbondanze e carestie, non è cambiato molto dall’inizio della nostra specie e qui lo avverti in maniera chiara e distinta.
Quei bambini, potrebbe essere usati come definizione di resilienza, il saper adattarsi magari inconsapevolmente alla loro realtà, seppur agli occhi di tanti può sembrare misera, ai miei è sembrata incredibilmente piena.
Sorridenti, insieme, inventando giochi con l’unico strumento in loro possesso la sabbia in questo luogo magico che è Zanzibar mare.
Quell’immagine racchiude, per me, la felicità e la condivisione, molto più di altre immagini di bambini che hanno tutto, anche il superfluo, eppure non riescono ad essere realmente felici.
Isola di nomadi, pescatori, masai, trasformati in beach boys per necessità, donne diventate abili massaggiatrici e sagaci commercianti di artigianato e spezie, improvvisando negozietti sulla spiaggia, intrecciando palme per costruirne il tetto.
Zanzibar mare e maree
Zanzibar vive, di maree, queste dettano i tempi della quotidianità dell’isola, che placida lascia al mare lo scandire del tempo, se si riesce a uscire dagli schemi che accompagnano le nostre quotidianità, il mare anche per un viaggiatore, qui diventa l’unico orologio necessario.
I pescatori seguono meticolosamente il mare, la maggior parte degli abitanti ha uno stretto rapporto con questo gigante, la pesca è il modo sicuro per avere sempre una cena sul piatto, quindi tutti o la maggior parte di loro, conoscono “quest’arte”.
Li vedevo uscire alle prime luci dell’alba o al tramonto a seconda del mare che sanno interpretare come fosse una canzone, ogni nota come ogni corrente.
Sembra un ballo, e come ogni stile, anche per la pesca, ne esistono diversi.
C’è chi esce con il Dhow la tipica imbarcazione a vela araba, gettando le reti, che vengono poi sapientemente ricucite a mano tra una marea e l’altra, anche questo è talento.
Zanzibar mare e pesca
Altri immergono sul fondale le classiche gabbie di bambù dove i pesci rimangono impigliati, ne vedrete tante adagiate sulla spiaggia in attesa di essere riportate in mare, sembrano tante composizioni artistiche, le forme non sono fatte a caso, ma ritraggono pesci, piante, fiori e vengono tutte realizzate a mano, tramandando questa tecnica dalla notte dei tempi.
Come non menzionare invece gli impavidi che con escono per recarsi nella zona della barriera corallina, armati di lance o coltelli, che seguendo la bassa marea pescano a mani nude i pesci più grandi.
Le giornate scorrono lente e il tempo è un lusso che ho la fortuna di godere appieno, all’ombra di una palma nel caratteristico Bahari Bar, adagiato sulla spiaggia di Kendwa, aspetto il tramonto africano che si staglia davanti a me in tutta la sua bellezza e con tutta la dolcezza possibile, sembra sprofondare nel mare.
La musica Swahili di sottofondo e i Masai che giocano a pallone sulla spiaggia cadenzano la fine della giornata lavorativa.
Zanzibar mare e pioggia.
Ebbene sì anche in vacanza, la pioggia esiste, mi ricordo tanti anni fa che un operatore aveva lanciato lo slogan “ Se piove ti rimborsiamo la vacanza“ e dentro di me pensavo, che anche la pioggia battente è bella, una giornata di pioggia, il suo odore, il mare in burrasca per me hanno sempre avuto qualcosa di mistico, quindi, ho sempre ritenuto “soggettivamente” quella pubblicità, brutta, scontata e anche un po’ avvilente, perché sembra che un viaggio si limiti al sole, precludendo invece tutto quello che il viaggio è, pioggia compresa!
Mi sveglio anzi vengo svegliata da tuoni, fulmini e con lo scroscio ineluttabile dell’acqua, piove ma a me non interessa, amo la pioggia tanto quando amo il sole.
Eri Felice Felice?
Rilassata mi siedo in veranda e apro il mio compagno di questo viaggio, Crepet e nella più totale beatitudine mi immergo nella lettura di questo saggio sull’amore; quando tra una riga e l’altra mi imbatto in una frase e senza pensare rispondo di getto, a quella semplice domanda: “Eri felice?“
Sì e lo dico anche ad alta voce, come se volessi che quella sillaba riecheggiasse nella mia mente.
Solo in quel momento, ho realmente preso coscienza, da cosa stavo cercando di prendere le distanze e di come quel viaggio mi avesse inesorabilmente riportato indietro, cioè a quella parentesi estiva, che forse dentro di me aveva un significato, più intenso, da quello che avevo deciso che fosse e che tempo dopo mi avrebbero riportato li, se non fisicamente, sicuramente con la mente.
Ci sono cose che non si spiegano, ci sono sensazioni intraducibili e belle o brutte, a buon fine o no, fanno si che dentro di te qualcosa si animi, diceva Camus: “Ho compreso, infine, che nel mezzo dell’inverno vi era in me un’invincibile estate”.
In quel giorno di pioggia per tanti turisti, perso, per me ha invece avuto un’essenza profonda.
Torna il sole
Zanzibar mare sole pioggia e di nuovo sole. E rieccoci con il sole che dopo il temporale, riappare sempre a scaldarci gli animi, mi dirigo svelta alla mia tappa fissa di ogni mattino, “un centro benessere“, costruito su una palafitta alta, che domina il mare, felice come non mai di mettermi nelle prodigiose mani della mi oramai amica “Asani” che come tutte le mattine mi accoglie con un sorriso e un “Jambo”!
Asani ed il suo mondo
Mentre cerchiamo di comunicare lei in Swaili e io a gesti, ci raccontiamo le nostre giornate, le mie fatte di tramonti, letture, mare sole, pioggia introspezione e armonia, le sue, fatte di figli, lavoro e quotidianità; giornate da immigrata “momentanea” su quest’isola, in attesa di poter tornare alla Sua tribù in qualche angolo tra la Tanzania e il Kenya.
Lei è appagata, questa è la sua vita, il suo mondo, la migrazione fa arte di lei, ha una grande famiglia con 4 figli, che a differenza nostra parlano correttamente 4 lingue, oltre lo swaili, io studiando ne so solo 3….
Mi spiega che il futuro, per i suoi discendenti sarà in quello, nella comunicazione e interscambio fra le diverse culture che incontreranno nel loro cammino e il capirsi diventa fondamentale, per rispettare le differenze che ci rendono unici, facendo si che la crescita sia non solo fisica ma anche mentale.
I bambini giocheranno con tutti finché qualcuno dirà loro di non farlo”.
Mentre cammino, vedo due bimbi in spiaggia, un turista e un piccolo masai che corrono dietro un pallone, abbracciandosi, avranno sì e no 4 anni, sorridono felici e fanno amicizia, sono belli da vedere forse per la percezione che mi infondono e penso a una frase che ben si sposa con il mio pensiero “ i bambini giocheranno con tutti finché qualcuno dirà loro di non farlo”.
Palestra 2.0
Nel mio girovagare senza meta, mi imbatto in una “palestra 2.0” che i zanzibarini hanno costruito con pietre, legni, copertoni di macchine, corde e tantissima fantasia, è bellissima, il tetto è il cielo e il pavimento la sabbia che sembra borotalco, confesso che anche io mi sono allenata una mattina in questo “Centro Crossfit, home made” e mi sono divertita tantissimo !
L’oasi di quiete
Zanzibar mare, isole di spezie, spiagge, tramonti, è una piccola oasi, che mi ha dato la possibilità di avere tempo e godermene ogni istante, cullata dalla sua placida quiete, tra una corsa a piedi nudi sulla spiaggia, un bagno nelle sue acque cristalline, rapita anche dalle sue giornate bagnate dalla pioggia.
Terra fatta di incontri, di persone, di costumi e usanze, che come sempre al ritorno da un viaggio arricchisce la mia mente e la mia anima.
Perché un viaggio aggiunge vita alla vita, chiaramente non l’ho scritta io, ma ne condivido ogni singola lettera.
Monica
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